UN PARERE DISCORDANTE: SULLA STRADA, di Jack Kerouac
Ho comprato questo romanzo diviso tra curiosità e timore. La curiosità era dovuta alla massiccia ristampa delle opere di Jack Kerouac, soprattutto da parte di Oscar Moderni Mondadori, che possiede tra le sue file tantissimi autori che amo; il timore era una sensazione non meglio definita, ma che comunque ha determinato il passaggio di un buon periodo di tempo dall’acquisto del libro alla sua effettiva lettura.
Il mio timore ha trovato un nome solo una volta cominciato a leggere.
Non sono mai stato un lettore che si delizia con le storie di puro e semplice viaggio; sarà che sono un tipo a cui i viaggi piace farli in prima persona, ma non sono un estimatore di questo tipo di “storie”. Poi, riflettendo, mi sono reso conto che tra i miei libri preferiti ci sono anche lunghi tratti in cui i protagonisti sono impegnati in viaggi del genere. Allora, qual è stato il mio problema con “Sulla strada” di Jack Kerouac?
Che è solo viaggio e non molto di più.
Certo, in molti lo prendono a manifesto della famigerata “Beat generation”, la gioventù bruciata di cui Kerouac ha fatto parte e si è reso portavoce, ma devo dire che questa generazione mi è risultata insensata, folle e per niente intrigante; sicuramente priva del fascino della “Lost generation” di Hemingway e Fitzgerald. Dunque quasi quattrocento pagine di viaggio da una costa all’altra dell’America (per ben tre volte), accompagnate da intermezzi in cui i protagonisti si danno a un’insensata pazza gioia in cui mettono tutto a ferro e fuoco (compresi sé stessi) mi sono risultate piuttosto ostiche. Non ho provato empatia per i personaggi, se non per brevi tratti. È chiaro che sia una generazione anch’essa perduta, che cerca incessantemente il suo posto nel mondo senza mai trovarlo, ma detto in tutta sincerità mi è parsa una generazione di bambinoni incapaci di crescere, che fuggono incessantemente dalle proprie responsabilità.
Oltretutto c’è una cosa che mi sono chiesto: il personaggio di Dean Moriarty è quello che, a quanto mi è parso di capire, meglio incarna la “Beat generation”. Com’è possibile che un personaggio che viene preso a simbolo di una lunga schiera di persone risulti inverosimile? È forse volutamente esagerato e portato al limite? È sempre super accelerato, sembra che vada al triplo della velocità rispetto agli altri; grida all’improvviso senza motivo; te lo ritrovi nei locali a sbavare dietro ai musicisti, incitandoli a suonare come un pazzo scatenato. Cambia moglie come cambia i pantaloni, sembra amare una più di tutte, un minuto dopo cambia idea, quello dopo torna indietro, poi cambia ancora. Altro che “Beat generation”, questa è roba da manicomio.
Mettendo da parte l’incapacità di trovare una connessione coi personaggi, devo dire che è tutto davvero troppo lungo e ripetitivo. Questa “storia”, forse, avrebbe potuto essere raccontata con meno della metà delle pagine e sarebbe stata apprezzata di più, almeno per quanto mi riguarda. Non vi nascondo che ogni volta che il protagonista, Sal Paradise (che non è altro che l’alter ego di Kerouac), decideva di partire di nuovo verso la costa opposta dell’America, sentivo un colpo al cuore. “Ancora? Oh no”, pensavo, perché sapevo che mi apprestavo a leggere qualcosa di molto simile a quello che avevo appena finito di leggere. Paesaggi (ben descritti, per carità, ma una volta mi basta), sbronze allucinanti nei locali di varie città, follie inspiegabili.
Come dicevo prima, la mia opinione è sicuramente influenzata dai miei gusti di lettore: posso leggere anche pagine e pagine di caratterizzazione psicologica, ma non riesco a immedesimarmi in pagine e pagine di descrizione dell’ambiente. C’è sicuramente un tipo di lettore che è tutto l’opposto, ed è forse a questo tipo di lettore che è più consigliabile la lettura di questo romanzo.
Dimenticavo; la mia curiosità era dovuta anche al fatto che io amo letteralmente gli autori, i paesaggi e le storie americane. Ma un grande autore, per me, è anche chi riesce a dare un equilibrio, a non eccedere in un aspetto a dispetto di un altro; che riesce a calibrare bene tutto: descrizioni dell’ambiente, caratterizzazione dei personaggi, tessitura di una buona trama (anche se questo non è un aspetto fondamentale). Vedevo in Kerouac un autore che potenzialmente avrei potuto aggiungere ai miei preferiti. Purtroppo, il primo approccio è stato traumatico e non so se leggendo altro io possa cambiare idea. Considerato che “Sulla strada” è considerato il suo capolavoro, la vedo dura.
Recensione di Marco Perricone
UN PARERE DISCORDANTE: SULLA STRADA, di Jack Kerouac
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