Un racconto delicato, a suo modo controcorrente: MIO FRATELLO, di Daniel Pennac
Mio Fratello è un libro sulla fratellanza.
Lo si desume anche dall’azzurro della copertina, che è il colore della pace per antonomasia.
Se fosse stato un libro sulla sorellanza si sarebbe chiamato Mia Sorella ma la copertina non sarebbe stata rosa perché oggi è un colore discriminatorio, però sarebbe stata chic.
Infine ci poteva essere anche quella arcobaleno.
Mio Fratello è anche un libro sul possesso.
Infatti c’è l’aggettivo “mio” che indica lo stretto legame tra consanguinei.
Questo racconto è stato scritto da Pennac in memoria del fratello Bernard, scomparso in giovane età.
Anima schiva ed ironica, spesso silenziosa, in parte misteriosa ai suoi stessi familiari.
Pennac lo paragona a Bartleby lo Scrivano, personaggio ideato da Melville, ed apprezzato da entrambi i giovani Pennac.
Per la cronaca, Melville è anche lo stesso autore di Moby Dick, ma allo stato attuale degli studi non risultano parentele tra lo scrittore e il cetaceo.
Poteva essere anche un libro sulla determinazione, se il titolo fosse stato “Il Mio Fratello” con l’articolo determinativo, adottando un toscanismo. Anche se Pennac è francese, a voler essere pignoli.
Ma, au contraire, è un libro sull’evanescenza e l’indefinitezza dei rapporti umani. Tutto il rovescio. Il fratello Bernard è anche un amico mancato. Perlomeno mancato troppo presto all’affetto e alla complicità di Daniel.
Una complicità che poteva essere ma non è stata che in piccola parte. Mio Fratello parla del fratello che ognuno di noi non ha avuto.
Questo ragazzo un po’ vero un po’ immaginario somiglia a Bartleby. Non si sa cosa pensa e financo cosa prova. Ironizza e confeziona battute quasi senza parlare. Preferisce una solitudine schiva all’entropia schiava della massa.
Un racconto delicato, a suo modo controcorrente. Ma senza disturbare.
MIO FRATELLO ☆ Daniel Pennac
Recensione di Marcello Ferrara Corbari
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