UN ROMANZO COMPLICATO: CASA DI FOGLIE Mark Z. Danielewsky

UN ROMANZO COMPLICATO: CASA DI FOGLIE, di Mark Z. Danielewsky (66thand2nd)

 

CASA DI FOGLIE, di Danielewski Recensioni Libri e News UnLibro
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Difficile, molto difficile, trovare un romanzo più complicato e labirintico di questo “House of Leaves”, opera prima dello scrittore statunitense Mark Danielewski (nato a New York nel 1966). Pubblicato nel 2000 e pluripremiato, è considerato, ben a ragione, un classico della letteratura ergodica, cioè, etimologicamente, “di percorso faticoso”. A parte la trama contorta, che in sé non costituirebbe di certo un “unicum” nel panorama narrativo internazionale, il libro presenta, proprio fisicamente, una struttura tipografica polimorfica, con caratteri diversi a seconda dei vari narratori, pagine allineate in tutte le direzioni possibili, spesso anche vuote o semivuote, simboli grafici non di rado incoerenti, parole colorate (“casa/e” è sempre in blu, nonostante il tono tutt’altro che “celestiale” del contesto…), frasi in rosso (barrate ma leggibili), passi incorniciati (e riprodotti specularmente nella corrispondente posizione nell’altra facciata della pagina), citazioni criptiche in un numero straordinario di lingue (non sempre tradotte), compreso il Braille (puntinato ma non a rilievo), sequenze e citazioni (ve ne sono centinaia) circolari o a spirale, riferimenti letterari e saggistici, veri o finti, di ogni genere, con didascalie spesso astruse e autoreferenziali, illustrazioni, anche suggestive, in bianco e nero o a colori, ma per lo più ancora più confuse del contesto che vorrebbero illuminare, addirittura un indice finale, totalmente inutile, delle parole più significative (per modo di dire…) del testo. Il tutto distribuito in un volumone tetro di oltre 700 pagine .

Una premessa del genere potrebbe distogliere dall’esborso dei 29 euro del prezzo di copertina, ma sarebbe una conclusione troppo semplicistica e, potremmo dire, anche ingiusta. Suvvia, non perdetevi d’animo! Il libro in fondo è interessante.

Di base vi è una storia horror, sul tema classicissimo delle case infestate. La casa in questione (dovrei scriverla in blu per coerenza col testo), è apparentemente una bella dimora in Virginia, ma si espande misteriosamente, al limite della metafisicità, in uno sterminato ambiente totalmente buio, pieno di corridoi, stanze, scale di dimensioni ciclopiche o asfittiche e posti simili. E si sente il ghigno di una presenza… Il protagonista, un fotoreporter di successo, effettua esplorazioni e riprese che confluiranno in un documentario di successo intitolato “La versione di Navidson”. Tutto il materiale viene trovato dal vecchio Zampanò (il nome, se ben ricordate, è quello felliniano del protagonista maschile de “La strada”), che per giunta è ipovedente e racconta tutta la vicenda in base a testimonianze che ha sentito, raccolto e in qualche modo trascritto nell’ultima parte della sua vita, ammucchiando l’insieme in un baule nero che viene trovato accanto al suo cadavere sul pavimento della sua casa, circondato da segni di artigli che solcano lo spazio intorno. Fanno la macabra scoperta due giovani libertini, tossicodipendenti e sessuomani (il libro contiene parecchie scene di sesso ed eccessi vari, spesso violenti). Uno dei due, Johnny Truant, decide di pubblicare la testimonianza del vecchio defunto, e ne approfitta per raccontarci la propria allucinata esistenza, con un’appendice epistolare che contiene le lettere che la madre schizofrenica scrive dalla casa di cura al suo non meno problematico figlio.

Insomma, due storie parallele e indipendenti, e proprio quella di Johnny, invece di evolversi, si involve in un enigmatico delirio.

Viceversa, il tema della casa maledetta ha un suo sviluppo ossessivo e drammatico e una conclusione in linea con le ansiogene premesse.

Il libro neppure su internet lo trovate sintetizzato compiutamente. Per sapere (quasi) tutto sui misteri di Ash Tree Lane dovete necessariamente affrontare questo ponderoso volume e le tenebre che lo caratterizzano.

Ammesso che ne abbiate il coraggio…

Recensione di Pasquale Vergara

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