UN UOMO SOLO Le ultime ore di Luigi Tenco Antonio Iovine

UN UOMO SOLO Le ultime ore di Luigi Tenco, di Antonio Iovine (Mondadori)

Siamo alle porte di una nuova edizione del Festival di Sanremo, una manifestazione che da sempre divide ma che difficilmente lascia indifferenti. Lasciando perdere i gusti e le preferenze personali e i giudizi su questo evento televisivo- ciascuno ha la propria legittima opinione a riguardo- mi pare doveroso soffermarmi su questo libro, il racconto di un’edizione che, malauguratamente, rimarrà nella storia. È il 1967, 58 anni fa, e tra i cantanti in gara c’è lui, Luigi Tenco, il cantautore non convenzionale, quello che non è per tutti, quello che tratta l’amore e altri argomenti in maniera personale e che non si piega alle ragioni del mercato; lui e pochi altri- tra questi Giorgio Gaber (per altro in gare anche lui)- rifiutano la “linea verde” promossa da Mogol e i cui testi infarciscono la scaletta del festival, considerata dal nostro un pasticcio retorico in un contesto di canzoni bruttarelle. Luigi Tenco è in gara, affiancato dalla cantante francese Dalida, e ha in mente una canzone dal testo forte, antimilitarista, che colpisca l’ascoltatore nel profondo, “Li Vidi Tornare”. Il testo viene però giudicato troppo violento, non adatto al festival, e il nostro si trova costretto a cambiare tutto trasformandolo in un racconto di alienazione dell’individuo che lascia la campagna per la città, “Ciao Amore Ciao”.

Il triste destino della canzone (eliminata dalla gara e dal ripescaggio in favore de “Pa Rivoluzione”, molto probabilmente per questioni di etichetta discografica) e di Luigi è più che noto, e questo libro ripercorre ora per ora l’ultimo giorno in vita dell’artista ne descrive i drammi interiori, le sensazioni, la drammatica verità di un sistema dove “tutto è già stabilito”, e ancora il pasticcio attorno alla sua morte e al tentativo di mandare avanti la macchina mediatica nonostante tutto, mentre si consuma in parallelo il dramma umano che segnerà la vita di Dalida.
E un testo tragicamente avvincente, scorrevolissimo e piacevole nelle sue tinte quasi noir, una serie di istantanee dove volti e voci della musica è del music business del tempo ritornano a recitare la propria parte in uno degli eventi più sconvolgenti della storia del Festival della Canzone Italiana.

Recensione di Enrico Spinelli

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