Una storia di violenza raccontata magistralmente: FOLLIA, di Patrick McGrath
Quella nell’immagine di copertina è Stella, una donna che, come tante, ha toccato l’abisso più profondo dell’amore malato, perdendosi in un uomo che usava principalmente il sesso per tenerla a sé.
Stella Raphael era bellissima, curata, elegante, sposata con uno psichiatra ordinario e tiepido, che le rammentava di continuo come fosse importante “darsi un contegno” in pubblico, a lei che di carattere era invece più propensa alle parole franche e dirette, che si sentiva stretta nel suo ruolo alto-borghese, che aveva bisogno di essere ascoltata e amata, perché la sua fragilità era evidente ma incompresa, mitigata dal gin che le regalava lunghi attimi di evasione.
McGrath usa uno stile narrativo incredibile nel comporre “Follia”, che è il leit motiv che pervade l’intera storia: folli sono quasi tutti, e folle è il racconto fino all’ultima pagina.
Forse è riuscita a descriverla così bene perché suo padre era sovrintendente medico presso un ospedale psichiatrico di massima sicurezza in Inghilterra, quando lui era solo un bambino.
E che storia è? Di una donna annoiata dalla vita che, sebbene abbia un figlio ancora piccolo, decide di seguire un pazzo uxoricida fuggitivo, che conosce a malapena grazie a qualche incontro fugace in un capanno del manicomio criminale in cui lui era rinchiuso, e al quale lei aveva accesso perché moglie del vicedirettore della struttura.
Rifugiatisi in uno squallido tugurio londinese, sopravvivono con poco, nel lerciume, senza più alcun amor proprio, sciatti e sporchi, continuamente ubriachi, affrontando la pazzia e accettando la violenza fisica e psicologica, che in alcuni momenti è dolorosa e in altri eccitante.
Ma poi, obnubilata dal male oscuro che la opprime, scende ancora più in basso, là dove nessuno può mai immaginare di poter arrivare…
Lo stile narrativo è fluido, limpido, trascina e ti permette di focalizzare i personaggi come se fossero davanti agli occhi, perfino il colore della pelle chiara o livida si cristallizza nella mente del lettore.
Una storia di violenza raccontata magistralmente quasi fosse una semplice storia d’amore passionale, e pensare che entrambi non sono il mio genere di lettura.
È ambientato negli anni Cinquanta, ma una frase in particolare mi ha colpita perché è una verità ancora attualissima, ed è la voce fuori campo a pronunciarla: “In fondo credo che, nonostante tutto, lo amasse, o almeno si dicesse che lo amava, e in queste cose le donne sono ostinate”.
Noi donne, più degli uomini, ci “ostiniamo”.
E io mi chiedo, perché ostinarsi a credere di amare o essere amate, se anche un solo schiaffo raggiunge la guancia?! Non è amore, non è niente, è solamente uno schifo inaccettabile, e non ci sono scuse che tengano poi, è inutile accamparne, da parte di entrambi ovviamente.
Recensione di Isabella Bufano
FOLLIA, di Patrick McGrath
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