VECCHI BAMBINI PERDUTI NEL BOSCO Margaret Atwood

VECCHI BAMBINI PERDUTI NEL BOSCO, di Margaret Atwood (Ponte alle Grazie)

La Atwood è la scrittrice canadese più conosciuta e apprezzata, i suoi romanzi sono spesso distopici e comunque ama, nelle sue storie, far convivere il verosimile con il fantastico . In questo caso il testo raccoglie 15 racconti in cui indaga l’argomento, forse più spinoso tra i tanti che riguardano la vita dell’individuo, ossia la vecchiaia, la terza età, la senilità che dir si voglia.

Indaga con ironia mista a nostalgia, il passaggio a quell’età in cui più facilmente si guarda al passato che al presente e ancor meno al futuro perché, per la maggior parte di noi, la vecchiaia è caratterizzata dalla nostalgia per chi non c’è più , per la vita piena di aspettative che ormai non ci appartengono, spegnendo progressivamente ogni entusiasmo; molti tengono a fermarsi, a sentirsi inutili, come se la vita poco per volta rimanesse sospesa, senza progetti e motivazioni preferiscono, guardare più al passato che al futuro, rievocando le persone che non ci sono più e per questo nulla sembra più avere importanza.

E’proprio per questa mancanza di prospettiva che la vecchiaia fa paura e ciascuno cerca un suo modo personale per esorcizzarla.

La Atwood riflette su questi temi complessi ma lo fa con spirito, con ironia, quasi sorridendo malinconicamente sui cambiamenti che il passare del tempo comporta non solo sul fisico ma proprio nella misura del tempo che la mancanza del ritmo lavorativo modifica e spesso viene percepito dilatato, più lento…

I personaggi principali che ritroviamo in diversi racconti sono Nell e Tig una coppia ben assortita che affronta il tempo nel modo giusto, godendone i vantaggi, assaporando i piccoli piaceri quotidiani liberi ormai dalla frenesia della vita giovanile. Loro si accontentano di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo cercando di apprezzare ogni istante, vivendo in leggerezza il presente. La protagonista assoluta di tutti i racconti è però la nostalgia per le persone che non ci sono più e la misura profonda della loro perdita.

Recensione di Patrizia Franchina

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