VIAGGIO NELLA VERTIGINE, di E. Ginzburg
L’autrice di questa opera monumentale, più di 600 pagine, è stata una donna di grande cultura, nata a Mosca nel 1904, da giovanissima ha abbracciato senza esitazione i valori della rivoluzione d’ottobre del 1917. Nel 1930 quando Stalin avviò una feroce lotta nei confronti di tutti quegli intellettuali che verosimilmente erano sospettati di tramare contro la rivoluzione e nella maggior parte delle volte l’accusa si traduceva in una condanna a morte o nell’internamento nei famigerati campi di rieducazione in Siberia, la giovane Ginzburg conobbe il volto oscuro del regime. Nel 1937 infatti, assieme ad un gruppo di intellettuali, venne arrestata per attività contro lo Stato. Ecco, il racconto evidentemente parte da questo arresto, dall’istruttoria fasulla, dalle violenze fisiche e psicologiche subite, dalla paura per la sorte dei figli, per il timore di non vederli mai più, poi si arrivò a un processo farsa, durato 7 minuti che si concluse con la condannata a 10 anni di lavori forzati in Siberia di cui due di isolamento. Racconta che a salvarla dalla disperazione, dalla paura, dallo scoraggiamento, sia stata la cultura poiché nelle lunghe ore di isolamento cercava di ricordare a memoria, brani di libri e declamava le tante poesie che conosceva a memoria, rifugiandosi nel suo mondo e isolandosi dalle tante brutture che la circondavano, come a sottolineare che il pensiero e la conoscenza non possono essere incarcerati.
Dopo i due anni di isolamento in una lurida cella e quasi annientata nel fisico si ritrova in un vagone merci con destinazione Siberia; sue compagne di sventura sono criminali comuni, e alcune altre donne di cultura anche loro accusate di tradimento, il viaggio è lunghissimo, il freddo e la fame sono terribili e aumentano l’angoscia e la nostalgia per le famiglie di cui non hanno notizie, le loro vita sono sospese tra un passato ormai perduto, un presente terribile e un futuro molto incerto. Poi vengono le baracche comuni, l’acqua fredda per lavarsi ogni tanto, il cibo scarsissimo, la fatica del lavoro, solo le più forti sopravvivono agli stenti a alla malattie, lei è tra coloro che ce la fanno. Racconta anche i molti atti di solidarietà tra detenute, la cattiverie gratuite dei sorveglianti, le azioni meschine o malvagie di chi per un tozzo di pane era disposto a tutto, a tradire, a mentire.
Soltanto nel 1947 viene liberata e restituita alla vita e dopo la morte di Stalin riabilitata da ogni reato.
Le sue memorie negli anni 60 cominciano a circolare in Occidente suscitando scalpore, ma il suo volume di ricordi viene pubblicato in Italia nel 1977 e aldilà del valore letterario, della lunghezza esasperante e della minuziosa ricostruzione della vita nei lager, ciò che rimane è la testimonianza storica, dell’ottusa crudeltà del regime e un documento per coloro che desiderano approfondire questo argomento.
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