VITA E OPINIONI DEL CANE MAF E DELLA SUA AMICA MARLYN MONROE, di Andrew O’ Hagan
“Ci sono stati molti cani che sono passati alla storia, cani della letteratura, del cinema, nell’arte ma Maf (diminuitivo di Mafia Honey, in onore a Frank Sinatra!) è un animaletto curioso e particolare, unico nel suo genere canino. Insieme al pedigree ha ricevuto in eredità una conoscenza vastissima: parla di filosofia, cita Platone, Aristotele e adora Plutarco, il suo filosofo preferito. Ha un culto per la bella prosa – a differenza dei gatti che invece ragionano e si esprimono in versi – e tratta di psicoanalisi. Ha anche una venerazione per Trotsky «il dio delle piccole cose e delle grandi idee che coltivava i migliori istinti dell’uomo» e un gusto estetico squisito: è un esperto di scarpe, il suo regista preferito è Cukor, è molto critico in fatto di interior design e il suo fiuto non mente nel riconoscere tracce di Chanel No 5. E poi, ma è una qualità che appartiene a tutti i cani, sostiene Maf, sente tutto quello che la sua padrona, nientepopodimeno che la mitica e leggendaria Marilyn Monroe, prova perché riesce ad impregnarsi delle sue idee”.
E dopo tutta questa bellissima premessa vi dico che il romanzo in questione non è nè brillante, né comico, né a tratti malinconico.
È un romanzo tipicamente inglese, lezioso, ostentativo, fazioso, pretenzioso ed eccessivo e a tratti stucchevole.
Povero Maf, il piccolo maltese palladineve, utilizzato dall’autore per dar voce alle idee, visioni e idealizzazioni di quest’ultimo.
Di Marilyn Monroe esce un ritratto pietoso in un contesto sociale viziato da droghe, psicofarmaci, sesso e fiumi di whisky e bourbon.
Nello sforzo maniacale di uscire dagli schemi di “dumb blonde” la diva, icona di femminilità e sensualità, risulta ridicola e patetica, immersa in una forma di egotismo avvilente (porta con sé il libro dei Fratelli Karamazov, come la copertina di Linus).
Tutto il mondo dei più grandi intellettuali, scrittori, registri e attori, viene descritto come una massa di viziati, mortificati dallo squilibrio del loro stesso pensare: più propensi al pensiero dell’azione che all’azione vera e propria.
Imbottiti di dollari, potere e lusso e in cura da costosissimi strizzacervelli.
La scrittura è impeccabile, questo si, ma la lettura diventa ostica e presuntosa, addirittura urticante nelle varie citazioni enciclopediche che spaziano dagli antichi classici filosofici, al grande impero romano, dal medioevo ai romanzieri russi, sino a citare addirittura anche ” Il Gattopardo”; e in questo continuo susseguirsi forzato di aforismi e metafore sono arrivata a dire “Basta, pietà!”
Povero cagnetto utilizzato come un contenitore di cultura fine a se stessa! E povera la sua padrona Marilyn, non solo non protagonista, lo è l’autore in ogni singola pagina, ma anche una figura che pare utilizzata come il richiamo ammaliante delle sirene in questo romanzo che non sa di niente.
Se l’autore voleva denunciare, attraverso la voce canina e la figura carismatica di Marilyn, quella società di nuovi ricchi borghesi e intellettuali propensi al socialismo ma corrotti già sul nascere da una democrazia viziata (Kennedy), questo non lo so. Il messaggio, sempre se c’è un messaggio, risulta notevolmente appesantivo dalle eccessive citazioni culturali.
Peccato l’idea di base non era male!
” I cani amano i bambini: li amiamo per la purezza del loro narcisismo. Ma non sempre i bambini amano i cani. Gli piace la nostra immagine e il nostro aspetto di peluche, l’aria che abbiamo per essere fedeli, docili e carini, ma ci prendono sempre per creature finte: batuffoli a quattro zampe, creature artificiali, fumettistiche miscele di sostanza e colore che semplicemente amano farsi carezzare. Sono sempre rimasto colpito dal fatto che a Hollywood siano più le persone a corrispondere a questa descrizione che non i cani…”
Recensione di Patrizia Zara
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