VITA FRA I GIGANTI, di Bill Roorbach (Mattioli 1885 – giugno 2024)
C’è qualcosa che mi ha subito riportato alla mente il folgorante incipit di “Canada” , nelle prime pagine di questo “Vita fra i giganti” di Bill Roorbach. Pubblicato negli Stati Uniti nel 2012, arriva finalmente in Italia, pubblicato da Mattioli 1885 Books con la traduzione di Nicola Manuppelli.
Come nel capolavoro di Richard Ford, la tragica sorte dei genitori del giovane protagonista ci viene svelata sin dalle primissime pagine (in Ford, addirittura nelle prime due righe).
Come in Ford, la voce narrante diventa quindi una guida, che ci accompagna avanti e indietro, lungo gli anni e attraverso i decenni che ci separano dai fatti narrati.
Diventa una luce puntata sul passato, alla ricerca della verità e di una possibile soluzione.
Diventa il tentativo di trovare risposte a molte domande, di spiegare il motivo di una scelta, di sciogliere i dubbi.
Diventa custode di una memoria, di un passato da ricostruire, perché si possa prenderne cura in futuro.
«Mamma non rinunciò mai al sogno di una bella vita. E con papà la bella vita era sempre dietro l’angolo, pronta ad arrivare da un momento all’altro».
In questa continua oscillazione temporale, il racconto abbraccia interi decenni, fra l’adolescenza del “gigante” David Hockmeyer – giovane e promettente campione di football, molto più alto e prestante della maggior parte dei suoi coetanei – e la sua età adulta – ristoratore con un passato da giocatore professionista di discreta fama.
Nel passato di David, un mistero irrisolto: l’efferato delitto dei suoi genitori, avvenuto sotto i suoi occhi di adolescente. Man mano che sembrano andare al loro posto, i pezzi che compongono questo misterioso quadro di eventi, vengono nuovamente mischiati, lasciando spazio a nuovi interrogativi e nuovi dubbi.
Oltre a segnare per sempre la vita di David, la tragedia ha contribuito all’innalzamento di un muro di silenzi, omissioni e segreti con sua sorella maggiore Kate, che ha ereditato dalla mamma un discreto talento tennistico.
Come nella tetralogia di Harry “Coniglio” Angstrom di John Updike (secondo Julian Barnes, “il vero romanzo americano”, se considerato nella sua interezza) , il sesso e lo sport (il basket in Updike, il football in Roorback) rappresentano le due tappe fondamentali nel processo di formazione e nel cammino iniziatico di questo giovane uomo.
Il sesso viene rappresentato nel pieno della sua forza dirompente, con le sue pulsioni adolescenziali, le fantasie, le polluzioni. La curiosità, l’incontro, la scoperta di un corpo altro assumono talvolta le forme sensuali di una danza, talvolta quelle di una performance sportiva.
Lo sport è ancora e sempre una promessa di realizzazione, una possibilità di auto-affermazione. Un terreno di confronto, di incontro (e di scontro) con gli altri, una tappa imprescindibile nella crescita e nell’educazione di una enorme quantità di giovani americani.
Un punto centrale di moltissima letteratura degli ultimi decenni (DeLillo, Roth, lo stesso Ford, Auster, Malamud, per contare con una sola mano). Un fenomeno culturale, una pratica domestica (padre e figlio in giardino che giocano insieme) che puntualmente e con regolarità si tramuta in un rito collettivo (la partita).
Una piccola parte (nemmeno poi tanto piccola) del “sogno americano”. Un frammento di quella “tanto desiderata pastorale americana”.
Bill Roorbach
“Vita fra i giganti”
Mattioli 1885 Books
Recensione di Valerio Scarcia
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