YERULDELGGER. La morte nomade, di Ian Manook (Fazi)
Con questo libro si conclude la trilogia di Ian Manook, dedicata al commissario Yeruldelgger, uno dei personaggi a mio avviso più interessanti della letteratura gialla degli ultimi anni.
Premetto che non concordo con le numerose recensioni su quest’ultimo libro, che lo davano come il meno interessante ed il più debole della serie; anzi devo dire che mi è piaciuto senz’altro più del secondo, forse perché uno degli aspetti che maggiormente apprezzo di questa serie è l’ambientazione in Mongolia e la descrizione della situazione di quel paese e la sua decadenza dovuta alla corruzione ed alla depredazione dell’ambiente, così in contrasto con l’immensità e l’aspetto selvaggio del territorio e le tradizioni degli antenati che ancora rimangono presenti e vive in una parte dei suoi abitanti. E qui in questo terzo libro questo aspetto è particolarmente evidente.
Questo contrasto è esplicitato proprio dalle scelte dell’ormai ex commissario che ha lasciato la polizia di Ulan Bator per vivere in solitudine nella sua yurta nel deserto del Gobi. Ma i misteri lo inseguono e lo costringono a confrontarsi ancora una volta con una realtà che non sente più sua.
Ho colto ne La morte nomade una nota di malinconia che è un po’ anche la mia, perché di sicuro il nostro commissario mongolo mi mancherà, così come altri personaggi della trilogia ed in particolare Solongo e Zarza.
Consigliata tutta la serie a chi, pur amando il genere, vuole scoprire paesi e civiltà diverse dalla nostra.
Recensione di Ale Fortebraccio
YERULDELGGER. La morte nomade Ian Manook
Ho letto i libri della trilogia con protagonista Yeruldgger uno dietro all’altro, senza potermi fermare.
Il fascino di una terra come la Mongolia a me completamente sconoscuta, mi ha fin dall’inizio travolto e trascinato con sé.
La descrizione dell’ambiente e degli eventi che vi accadono hanno emozionato me, lettrice, fino alle lacrime G