Zaccuri: “La lettura è uno spazio di libertà. Ai giovani di tutte le età consiglio Boccaccio, Dostoevskij, Conrad, Silvio D’Arzo e Dürrenmatt”
Il vincitore del “Boccaccio 2022” per la narrativa sarà a Certaldo il 10 settembre, in occasione della cerimonia di premiazione
“La lettura è uno spazio di libertà, motivo per cui sono sempre un po’ in imbarazzo quando si tratta di dare consigli. Personalmente, ho un debole per quello che, di volta in volta, viene chiamato romanzo breve oppure novella. Ce ne sono esempi meravigliosi anche nel Decameron, certo, ma è una misura che appartiene a tutti i maestri. Memorie del sottosuolo di Dostoevskij, Cuore di tenebra di Conrad, Casa d’altri di Silvio D’Arzo, La promessa di Dürrenmatt: li consiglio ai giovani di tutte le età, perché, in poco più o poco meno di cento pagine, questi testi riescono a rappresentare un mondo che misteriosamente riguarda ciascuno di noi.
A dirlo è Alessandro Zaccuri, vincitore dell’edizione 2022 del Premio Boccaccio per la sezione Narrativa, durante un’intervista realizzata in collaborazione con l’Associazione culturale Giovanni Boccaccio, organizzatrice della Cerimonia di premiazione, che si terrà sabato 10 settembre, alle ore 17.30, al Cinema Teatro Boccaccio.
Sulle analogie e differenze della sua opera con quella del grande novelliere toscano e su quanto la lezione di Messer Boccaccio sia ancora attuale, Zaccuri non ha dubbi come spiega di seguito, prestandosi a ulteriori domande sul suo percorso formativo di autore poliedrico e sui prossimi progetti da realizzare:
“le differenze sono innumerevoli, l’unica analogia è data dalla lingua italiana, e non lo dico in senso riduttivo. Boccaccio è giustamente celebrato come grande narratore, ma non dobbiamo mai dimenticare che è stato uno dei primi e più influenti interpreti di Dante. L’elemento linguistico per lui non è meno importante di quanto lo sia per Dante nella Commedia. La prosa del Decameron nasce dalla stessa preoccupazione che troviamo nel De vulgari eloquentia. L’attualità di Boccaccio, a mio avviso, sta in questa indissolubilità tra lingua e racconto, oggi spesso trascurata. Senza l’ordito dello stile, la trama rischia di non essere sufficiente”.
È romanziere, giornalista, saggista, comunicatore: quanto l’uno deve all’altro? Dove si sente più a suo agio?
“Diciamo che ho la fortuna di fare lo stesso mestiere servendomi di strumenti e di linguaggi diversi. Mi piace pensare di avere ancora qualcosa da sperimentare, anche se, in definitiva, tutto parte dalla letteratura e alla letteratura ritorna. Negli esseri umani c’è questo istinto che porta a conoscersi attraverso il racconto e, nello stesso tempo, a interrogarsi o, meglio, a impegnarsi incessantemente nell’interpretazione. In un modo o nell’altro, è quello che cerco di fare”.
Quali sono gli autori che hanno contribuito maggiormente alla sua formazione?”
“Mi sono laureato in letteratura latina medievale e questo per me è stato un apprendistato fondamentale. Fatta salva la passione per Manzoni, che non per niente è il protagonista di Poco a me stesso, penso che abbiano contato molto le letture di poesia e, per la prosa, l’opera di Federigo Tozzi. Che è un autore di romanzi brevi e di racconti, vale a dire un degno erede di Boccaccio”.
La società dei consumi, a cui ha dedicato un saggio, rischia di collassare o ha ancora la possibilità di salvarsi?
“Sì, ho scritto un libro che si intitola Non è tutto da buttare ed è incentrato sul significato che la spazzatura riveste nelle nostre esistenze. La società dei consumi ha portato al parossismo quella che papa Francesco definisce “la cultura dello scarto”, ma da sempre la spazzatura può essere eccedenza oppure permanenza: qualcosa di cui vogliamo liberarci oppure qualcosa con cui siamo destinati a convivere. In questo, lo scarto ha sempre in sé un’occasione di salvezza”.
Sta lavorando a un nuovo progetto?
“Mi piacerebbe riprendere alcuni personaggi e alcune situazioni di un mio romanzo breve di qualche tempo fa, Lo spregio, fino a comporre una piccola trilogia. Ma è ancora presto per parlarne, considerato che per scrivere Poco a me stesso ho impiegato più di vent’anni”.
Per che cosa le piacerebbe essere ricordato?
“Per aver creduto, anche nella letteratura”.
Segreteria Premio Letterario “G.Boccaccio”
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